Maurizio Zanon, Il soffio salvifico della poesia, Guido Miano Editore, Milano 2025. Recensione di Maria Rizzi
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L’eco dei passi dell’autore veneziano, Maurizio Zanon, ascoltato in “Tutto fu bello qui” e in “Fralezze”, torna a risuonare nell’antologia poetica “Il soffio salvifico della poesia”, introdotta magistralmente da Enzo Concardi, che mette in rilievo come il lirismo rappresenti per il nostro autore il modo di superare il disagio esistenziale. Ho esordito parlando di ‘eco dei passi’, perché dalla lettura della prima raccolta di poesie ho avvertito la sensazione di camminare accanto al prolifico poeta veneziano che, a mio umile avviso, patisce poco il mal di vivere, è semplicemente consapevole che impariamo e cresciamo attraverso il dolore. La pena quotidiana consiste nel prendere atto, come afferma Khalil Gibran che “amare la vita attraverso la fatica è penetrarne il segreto più profondo”. Zanon denuncia la crisi di valori nella quale siamo precipitati, che coinvolge l’intera civiltà, asservita al sistema finanziario, invece di esserne la padrona. Per evitare di sopravvivere occorre un forte rispetto per se stessi, puntare all’eccellenza, possedere la dote dell’intensità, sacrificarsi per un domani migliore. Sono certa che Zanon possieda queste doti, e conosca l’unica rivoluzione possibile, quella dello spirito. Non a caso la lirica dal titolo pessimistico “…E così muoio piano piano” , tratta dalla silloge “Tutto passa”, termina con il verso ossimorico: “E sogno come un bimbo sogna”.
La scelta delle poesie per questa raccolta antologica sembra mirata a evidenziare i nuovi stati d’animo del poeta. Tutto è stato bello, ma ‘panta rei’ e il fiume nasce diverso ogni giorno… per dirla con Eraclito. L’instabilità della condizione umana è un dato di fatto inconfutabile e la gioventù, con il suo delirio di onnipotenza, diviene inevitabilmente sempre più lontana, ma leggendo l’esistenza con occhi lirici gli anni tendono a serbare le delicatezze passate e i corpi sono geografie di storie. Il nostro canta in “Riflessione pomeridiana”, dalla raccolta “Un treno carico d’inquietudine”: “Ho l’età dei morti, / ma l’ingenuità di un bimbo…”. Mi si potrebbe accusare di cercare, come rabdomante, i versi tesi alla redenzione, in realtà mi arrogo il diritto, che non mi spetta, di conoscere i meandri dell’anima di quest’autore legato alla città lagunare, intima, vicina e al tempo stesso, lontana, esotica.

Nel pensare a Venezia il pensiero corre alla musica, al sogno e all’altrove. E Zanon è figlio in ogni aspetto artistico e umano della sua città che non è terra né mare. “Il cielo / che sia azzurro oppure bigio / porta in sé / quell’alone di mistero / a uomini oscillanti come noi / sul filo della solitudine” – “Il cielo” da “Fralezze”. Questa lirica, riportata per intero, credo rappresenti in pieno il poeta, e pur terminando ‘in battere’, ovvero in modo forte e negativo, per ricorrere al linguaggio musicale, rende ancora e sempre l’idea della levità e della raffinatezza che lo caratterizzano. I versi di Zanon sono note di arpa, che in araldica è simbolo di tranquillità e animo eletto.
A livello stilistico l’antologia sublima gli aspetti riscontrati nelle varie sillogi. Attraverso l’uso sapiente di figure retoriche, allitterazioni, assonanze, rime e un timbro assordante, il Nostro crea un flusso armonioso che amplifica il significato dei sentimenti espressi. Si potrebbe asserire, senza timore di esagerare, che Maurizio Zanon incarna la poesia. La incarna nel modo di intendere le isole care della memoria, tenerissimo il desiderio di ‘rivivere un giorno solo della giovinezza’; nel dolore per un clima che muta i paesaggi e rende l’uomo artefice e vittima del suo destino; la incarna nel legame verso ‘la sua città sulla laguna, venduta e ferita’; e soprattutto la incarna in un amore vero, raro, incontaminato, che ‘andrà oltre il cielo, oltre il mare, a spiare chissà quale luna’. Nell’antologia l’ottimo Floriano Romboli mette a confronto l’amore del nostro poeta per Venezia e per la sua donna,
pur nelle altalenanti stagioni della convivenza, e il sentimento straniante della poetessa americana Emily Dickinson, che dall’iniziale passione involve in un ‘gelido cupio dissolvi’.
L’intera opera completa l’affresco di Maurizio Zanon, che come stampa antica, si staglia sui tramonti lagunari e intona il suo canto leggero e intenso, che ammalia il lettore e lo avvolge in un respiro infinito.
Maria Rizzi
Maurizio Zanon, Il soffio salvifico della poesia, prefazioni di Enzo Concardi, Floriano Romboli, Gabriella Veschi; Guido Miano Editore, Milano 2025, pp. 80, isbn 979-12-81351-50-9, mianoposta@gmail.com.