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L’ITALIANISMO di Antonio Crisci nel volume “L’uomo di ghiaccio”

Comunicato Stampa

«Una terra desolata pare divenire il luogo dell’immane tragedia inconcepibile per chi è nato ed è presente nel nostro liquido e alienante postmoderno occidentale», scrive in una sua recensione Raffaele Piazza. Dal canto suo Michele Miano nella Introduzione al libro parla di «una sorta di Anabasi dei nostri giorni».

In effetti è questa l’ambientazione dell’immane tragedia toccata all’ARMIR durante la ritirata di Russia, e descritta nel volume L’uomo di ghiaccio di Antonio Crisci, con prefazione di Michele Miano, seconda edizione edita da Guido Miano nel 2022. I reduci raccontano a perdifiato le loro peripezie, cosicché la loro storia personale e privata si in incrocia con la grande Storia (la spedizione in Russia, l’8 settembre). Il libro si compone di vari capitoli, che sono altrettanti racconti, tasselli che cospirano a disegnare un grande affresco. Per certi versi L’uomo di ghiaccio si configura come romanzo-denuncia, presentando punte polemiche nei confronti di chi ha preferito voltarsi dall’altra parte di fronte alle sventure e alle traversie dei sopravvissuti. Rivelatrice la citazione che Crisci fa di quello che può essere considerato un classico sull’argomento Centomila gavette di ghiaccio, che in qualche modo diventa l’ipotesto o almeno un punto di riferimento del libro. Un libro importante per il suo valore di testimonianza. Grande spazio narrativo è occupato dalla vicenda, che attraversa tutto il libro, di Natasha, che è una delle voci narranti. Si staccano infatti dal quadro alcune figure maggiori, come appunto Natasha, che raccontano la storia di un difficile inserimento, diventando così narratori di secondo grado.

Il narratore alterna la durata dei tempi; a volte ad esempio il TD (tempo del discorso) è più breve del TS (tempo della storia); in tal modo si ha il sommario o addirittura l’ellissi, soprattutto nel capitolo “La vita nell’Isba”.

Non mancano aneddoti gustosi, come quello del soprannome Garibaldi, “affibbiato” a un artigiano per il solo fatto di avere affilato il coltello del “vero Garibaldi”. Di quando in quando fa capolino la nostalgia per il tempo preterito, per i cambiamenti, che non giovano “ai ricordi”; e sembra riecheggiare il grido del Poeta: «Paris change».

Trattandosi di una ritirata rovinosa, è inevitabile la cifra della morte giovane: «Nel corso degli anni era riuscito ad avere notizie sia sulla tragica battaglia di Nikolaevka, in cui persero la vita quasi 50000 giovani, sia sulle altre tragiche battaglie».

Fabio Dainotti

Antonio Crisci, L’uomo di ghiaccio, introduzione di Michele Miano, II° edizione, Guido Miano Editore, Milano 2022, pp. 136, isbn 978-88-31497-91-6, mianoposta@gmail.com.

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